Interviste

In questa pagina puoi trovare tutte le interviste che ho rilasciato
Sono suddivise in base a dove si trovano

Va a quella rilasciata a:
Anima di drago
Tregua Libresca

Citazione Eddy Morello


Intervista rilasciata a Anima di drago – clicca qui per vedere l’originale

È stato un lungo viaggio ma sei sicuro di essere giunto a destino. Il luogo corrisponde all’immagine che ti è apparsa nella mente quando hai ricevuto l’invito. Una grotta posta alle pendici di una imponente catena montuosa. Rimani alcuni secondi ad ammirare la splendida vista della valle sottostante assaporando l’aria fresca e pulita. Ti chiedi se è il caso di entrare o aspettare dove sei quando avverti un movimento alle tue spalle. Voltandoti di scatto vedi un uomo sorridente che, dopo un profondo inchino, senza proferire parola ti fa segno di seguirlo.

L’uomo è anziano ma di un’età indefinibile, la barba lunga sale e pepe, il cranio rasato. Veste una tunica semplice ma pulita, una pelliccia arruffata lo protegge dal freddo. Cammini per alcuni minuti dietro l’uomo che procede sicuro anche se la via è illuminata solo da rade lanterne appese alle pareti. Pian piano i tuoi occhi si abituano all’oscurità e percepisci che la caverna va assumendo dimensioni maestose. Ai lati della grotta sono ammassati libri. Libri di tutte le dimensioni, alcuni antichi, altri moderni, libri sopra sedie e tavoli alla rinfusa oppure ordinati dentro scaffali antichi come i testi stessi.

«La prego di deporre armi e armature» l’uomo indica un robusto tavolo vuoto posto contro la parete «sarà un incontro di piacere e … ha promesso di non mangiarla» sorride.

Incrocio le dita. «Speriamo che sia di parola.» Mi annuso. «Comunque può sicuramente trovare di meglio.»

Il vecchio si ferma ad una scrivania su cui lentamente si consumano decine di candele. Ti invita ad accomodarti su una specie di trono imbottito di morbidi cuscini. Ubbidiente ti siedi e, mentre ti domandi chi stai aspettando, percepisci nettamente una presenza nella parte buia della caverna. Scorgi delle ombre maestose agitarsi nel fondo della grotta. Qualcuno o qualcosa di enorme si sta lentamente avvicinando. All’improvviso appaiono due occhi rosso fuoco che ti fissano penetrandoti nell’anima.

«Benvenuto mortale» saluta l’ombra ma sei sicuro non avere udito alcun suono, le parole si sono materializzate all’interno della tua mente.

«Cazzo, il Mietitore!»

La testa di un drago esce alla luce.

«Ah, no… meno male, altrimenti sarei stato fottuto.»

Ora puoi vederlo nettamente. Ha scaglie nere come la notte, una bocca maestosa da cui spuntano zanne appuntite ma non riesci a fissare altro che non siano gli occhi: profondi, acuti, pieni di una saggezza che non ha tempo e che ti incute timore e rispetto.

Vedi le narici allargarsi mentre aspira il tuo odore. Distorce le labbra in quello che interpreti come un sorriso «Mi piaci, odori di fantasia».

Mi annuso di nuovo. «Se lo dici tu…»

Il drago fa segno con la testa all’uomo alla scrivania che nel frattempo ha estratto una penna, inchiostro e pergamena per annotare la vostra conversazione.

«Grazie per aver risposto al mio invito e complimenti per il tuo romanzo che ho trovato molto piacevole. D’altronde, se così non fosse stato, non saremmo qui a parlare. Per cortesia parlami brevemente di te: chi sei, cosa fai nella vita e perché scrivi».

«Mo pure il drago che mi intervista… Va beh…» Allungo la mano. «Piacere, io sono Eddy.» Abbasso la mano. «Ooook, non da la mano… Be’, comunque… Sono un ragazzo di 35 anni, e di lavoro faccio “quello dei computer”, ossia quello che, quando dice cosa fa, tutti gli chiedono se può sistemargli la stampante. E scrivo perché, con tutte le stampanti che ho sistemato ad amici e parenti, almeno qualcuno magari le userà per stamparsi i miei romanzi.»

«Come è nata l’idea di scrivere di angeli così “terreni”?»

«Ma allora l’hai letto davvero! Fico! Be’, che dire… Gli elfi mi hanno un po’ stancato, e gli angeli “classici” sono un po’ monotoni, sempre a fare del bene, sempre tutti infighettati al cospetto dell’altissimo… Mi stanno un po’ sul… Ehm… Sì, insomma, non mi sono particolarmente simpatici in quella veste, e ho pensato che sarebbero stati più interessanti se fossero stati un pochino cazzuti, grossi e muscolosi, e incazzati… Quando uno è incazzato di solito fa cose interessanti; uno tranquillo, invece, che fa? Guarda la TV, legge un libro… Se scrivi un libro su un angelo che si legge i libri secondo me non lo compra nessuno… non trovi?»

«Anche se ti stacchi dalla tradizione hai scelto nomi che rimandano ad essa per angeli e demoni come mai?»

«Perché fa figo. Se chiami un angelo Giacomo non se lo fila nessuno. Vuoi mettere Gavriel? Gavriel spacca! Se io mi chiamassi Gavriel farei il culo a tutti. Anche ai drag… Ehm… Sì, insomma… Be’, non mi chiamo Gavriel, quindi lasciamo perdere XD. Comunque, i nomi “classici” sono noti e rimandano a un’immagine che, credo e spero, è coerente col ruolo assegnato, anche se per certi versi in contrasto col carattere. Come sai, avendo letto il libro, i miei angeli sono un po’, come dire… Rozzi? Giusto per usare un eufemismo XD.»

«Quale è stata la difficoltà maggiore nello scrivere questa storia?»

«La difficoltà maggiore è stata quella di renderla verosimile. Qui tocchiamo un punto che mi sta molto a cuore. Purtroppo, secondo me, il Fantasy, al giorno d’oggi, almeno in Italia, è sottovalutato e bistrattato. Gli scrittori ci vomitano dentro qualsiasi cagata, “tanto è Fantasy”. Be’, io non la penso così. Un Fantasy serio, secondo me, deve avere un “what if” e lo deve rispettare, ma soprattutto deve essere credibile e verosimile. Come fai a “sospendere l’incredulità” del lettore se riempi la storia di scemenze? Già parti svantaggiato dal fatto che il lettore deve accettare una cosa che non è considerata vera, figurati se poi le spari più grosse di un politico. Un Fantasy serio deve essere credibile, e per esserlo deve essere verosimile, e perché una cosa sia considerata verosimile deve rispettare delle regole di base. Attenzione: se le regole te le inventi e le rendi coerenti durante tutta la storia, puoi anche fare cose assurde… ma la coerenza è fondamentale. Ci ficchi dentro una nave volante? La nave volante deve essere credibile e rispettare le leggi della fisica del mondo che hai creto, qualsiasi sia la tecnologia usata per farla volare. Se siamo sulla terra, ad esempio, ed è un vascello di legno che e viaggia a 1200 Km orari, è plausibile che si sfasci a pezzi… Trovi un modo per farlo rimanere tutto assieme? Ok… ma se lo fai andare a sbattere a quella velocità i passeggeri muoiono, non fosse altro perché i loro cervelli si spatasciano contro la scatola cranica. Se il vascello si schianta a quella velocità e il protagonista si salva perché sbatte su un materasso, hai scritto una stronzata. Spero di aver reso l’idea di quello che intendo per verosimiglianza.»

«Il mondo che hai creato sembra forgiato da mani sapienti, è stato un duro lavoro?»

«Otto anni e quattro riscritture e mezza possono essere considerate un duro lavoro? Ovviamente non tutto il giorno, non tutti i giorni (ho un lavoro e una vita sociale, e stampanti di amici e parenti da sistemare), ma ci ho speso dietro serate, weekend e ferie. Ho letto manuali, ho letto altri libri, ho letto articoli e ho speso soldi per un po’ di editing, indirizzato più che altro al miglioramento dello stile e della storia. Mi sono fatto una piccola cultura su narratori, punti di vista, caratterizzazione dei personaggi, voce dei personaggi, infodump, dialog tag, world-building, climax, “show, don’t tell”, immersività, sommersione dell’io, e così via, e sono sicuro che i risultati siano visibili. Ovviamente so per certo di avere ancora molto da imparare, e credo che il seguito potrà beneficiare dell’esperienza maturata e di tutti i feedback e le critiche ricevute. Ma se hai “visto” i combattimenti, e non ne hai solo sentito parlare dal narratore, allora schifo del tutto non fa… almeno credo XD.»

«Binael e Caliel sono nati come “coppia”? Oppure è nato prima uno dei due e l’altro inserito per bilanciare e trovare il giusto equilibrio?»

«Sono nati come coppia. Avevo in mente il loro dualismo proprio come base di partenza di tutta la storia. Credo sia interessante la loro evoluzione, che ovviamente proseguirà negli altri capitoli che sto scrivendo. La caratterizzazione dei personaggi è un altro punto fondamentale per scrivere una storia decente, secondo me. In molti libri è pieno di Mary Sue e Gary Stu, personaggi piatti costruiti su dei cliché. Credo che dei miei questo non si possa dire. E credo che il loro arco di trasformazione sia abbastanza interessante, o almeno lo spero. Sarà un finale interessante, secondo me.»

«C’è un personaggio in cui ti rispecchi maggiormente?»

«Sono un gemelli ascendente gemelli, mi rispecchio praticamente in ogni personaggio, dipende da quale giorno mi incontri XD.»

«Trovo i combattimenti ben descritti da cosa deriva questa tua perizia?»

«Un po’ di studio. Ho cercato di “mostrare” dei combattimenti credibili. Qualche volta ho un po’ forzato la mano spingendo all’estremo le leggi della fisica, tipo nel prologo.

MINI SPOILER —————————————————————————————————————————

La freccia con la punta ad ago scagliata con un arco lungo (tipo arco lungo inglese), che trapassa una corazza vecchia e rinsecchita, una cotta di maglia arrugginita, e un corpo… da parte a parte… Hm, diciamo che il libraggio dell’arco lungo inglese non sarebbe sufficiente, oppure dovrebbe essere più lungo ancora, e più grosso, e di conseguenza estremamente duro da tendere, ma parliamo di angeli e demoni che è plausibile possano avere un po’ più di forza di un essere umano, anche se particolarmente forte. E quindi ricadiamo di nuovo nella sfera del verosimile… al limite del possibile, ma verosimile. In una situazione reale la freccia non passerebbe di certo da parte a parte. Già superare corazza e cotta di maglia sarebbe un enorme dispendio di energia cinetica.

FINE SPOILER —————————————————————————————————————————-

Ma sono sufficientemente sicuro che, mentre il lettore “vede” la scena, non venga “sbattuto fuori” dalla storia da azioni che gli facciano dire:”ma dai, ma che cagata è!”. E soprattutto, sono abbastanza convinto che le scene siano chiaramente visibili: non ci sono parti tipo: lo attaccarono, si difese, li colpì, morirono entrambi. In una scena così (se scena si può chiamare) cosa dovrebbe vedere il lettore?»

«Questo è il primo volume di una saga. Sai già dove andare a finire? Quanti volumi saranno?»

«Diciamo che nella mia testa la storia è abbastanza delineata, anche se è un po’ cambiata da quella iniziale, grazie anche e soprattutto al lavoro di miglioramento che ho fatto. Se non muoio prima, direi che al terzo volume dovrei arrivarci. Di sicuro lì finirà questa trilogia. Poi vedremo. Se il pubblico apprezzerà potrei scrivere anche qualcos’altro, magari anche cambiando genere, e comunque perfezionando ulteriormente lo stile.»

«Lasci molti interrogativi aperti su alcuni protagonisti tipo la succube Siham, sulle coppe e il loro uso nel bene e nel male, su Astaroth stesso e le sue ragioni, spiegherai tutto nei prossimi capitoli?»

«Ovviamente sì. I flashback continueranno a fornire delucidazioni. Ci sono nuovi personaggi, alcuni già noti, precedentemente introdotti come personaggi secondari, che avranno un po’ più da fare nei capitoli successivi. Diciamo che in linea di massima a tutto c’è un perché, anche se a volte può non sembrare così. Ci sono piccoli dettagli nascosti in giro, che magari in futuro qualcuno ricorderà e dirà:” ah, sì, cazzo! Ecco perché tizio ha fatto così e cosà!”»

«Auto pubblicarsi è stata una scelta di partenza o conseguenza di rifiuti da editori?»

«La verità? Ho rifiutato io un editore. Allora, diciamo che, con oltre 190.000 parole, trovare un editore disposto a pubblicarmi è un’impresa che rasenta l’impossibile, ma sono stato comunque preso in considerazione da una CE non a pagamento. Prima di lanciarmi ho letto qualcosa che hanno pubblicato, e mio malgrado ho trovato che la qualità fosse scadente. Mettiamola così: tutto raccontato, zero mostrato, e più refusi in dieci pagine che in tutto il mio romanzo. A quel punto mi sono detto:”sticazzi, ma così sono capace pure io!”, e alla fine così ho fatto. L’ho ripulito il più possibile dai refusi, ed essendo ebook o Print on Demand lo aggiornerò a breve per toglierne altri cinque o sei. Aspetto di raccoglierne un po’ e poi rilascio l’aggiornamento, così chi ha comprato l’ebook può avere la versione corretta e chi comprerà il cartaceo pure. Mi dispiace per chi l’ha già comprato, al massimo posso mandargli gli errata corrige per posta XD.»

«Usi angeli distinti sessualmente ma in realtà hai scelto personaggi in prevalenza maschi come mai?»

«Perché è una società maschilista, e quindi i ruoli “importanti” sono maschili. Fa sempre parte dello “show”: non ti “dico” che è una società maschilista, te lo “mostro”. L’idea te la fai tu, lettore. In realtà, se leggi un po’ tra le righe, non è altro che lo specchio della realtà in cui viviamo. Pensaci bene, e ti accorgerai che non è solo una storiella Fantasy, ma c’è anche un messaggio ben preciso dietro. L’apparenza che vince sulla sostanza, castelli di carta costruiti sulla menzogna, depravazione dilagante. Ci crediamo angeli, ma ci comportiamo da demoni, e quelli che additiamo come demoni a volte sono migliori di noi.»

«Nella recensione ti accuso di usare turpiloqui a volte gratuiti, vuoi replicare?»

«E cosa devo replicare? Ti posso dire che non li uso io, i turpiloqui, ma li usano i miei personaggi: non bisogna mai confondere lo scrittore con i personaggi. Se scrivi la storia di un maniaco sessuale e poi gli fai dire “vagina” o “fiorellino” al posto di “fica” non risulterà molto verosimile. Vuoi mostrare personaggi volgari? Devono esprimersi in modo volgare, non ci sono cazzi. Se la tua impressione è che siano troppo volgari, vuol dire che lo sono. L’idea te la devi fare tu, sei tu il lettore, sei tu che li giudichi, tu devi amarli oppure odiarli. Io non ti posso costringere a fare l’una o l’altra cosa raccontandoti che sono bravi e belli o che sono brutti e cattivi. Io ti mostro come sono, tu decidi che sentimenti provare nei loro confronti. Inoltre ci sono altri motivi ben precisi per cui ho inserito un linguaggio così “forbito”: innanzitutto crea una forte dissonanza associativa tra ciò che il lettore conosce e ciò che si trova a leggere, e quindi richiama l’attenzione, e poi è un ottimo modo per dare una voce univoca ai personaggi. Noi tutti, quando parliamo, usiamo frequentemente espressioni simili, ripetiamo una stessa parola più volte. Facci caso, lo fai anche tu, immancabilmente. Quando racconti qualcosa, quando descrivi, e in generale quando parli, c’è un modo di dire che usi più spesso di altri, o una parola che ripeti spesso senza rendertene conto. Ecco, quella fa parte della tua voce quanto il tuo timbro. E in un libro il timbro di voce è difficile farlo sentire, è raro che ci si riesca, e comunque può non essere immediato come un’espressione. Ti faccio un paio di esempi stupidi: “Fottuti gamchicolh!” Tu sai chi l’ha detto, senza che io te lo debba dire. “Ssì, tu lo ssai. Ssì.” Non serve il dialog tag. Queste sono due voci che tu conosci, e di conseguenza le riconosci appena le leggi, una dal tono, e una dall’espressione. Tu sai quale dei due sergenti va a chiamare Caliel per mandarlo da Gavriel. Io non l’ho detto, ma so che lo sai, “figlio di una baldracca!”»

«La copertina è molto semplice ma elegante, opera tua?»

«Di un mio amico. Io per disegnare un uomo faccio un cerchio e cinque trattini XD. Eravamo partiti dall’idea di disegnare un angelo, ma ogni volta che mettevamo qualcosa sopra quelle ali storcevo il naso, e alla fine abbiamo deciso di lasciare solo quelle.»

«Inferno e paradiso sono collegati fisicamente, parli di confini ma non li mostri, hai mai pensato di realizzare una mappa?»

«Ci ho pensato, ma non credo sia necessario per capire la storia. Farebbe fico, questo è certo, ma è quasi più una trovata pubblicitaria. Comunque un paio di confini li ho mostrati: la piana di Rabi, e la Fortezza di Confine. Non sono tutti, ma rendono l’idea. Comunque ti assicuro che seguiranno maggiori dettagli 😉 »

«Come ti poni rispetto alla scrittura sei metodico o passionale? Ovvero, ti imponi di scrivere o è l’ispirazione che ti prende all’improvviso?»

«Un po’ e un po’. Mi spiego meglio: a volte mi siedo davanti al PC, e in una serata scrivo non più di dieci righe. Le giro e le rigiro talmente tante volte che consumo i pixel del monitor. Altre volte mi alzo di colpo dal divano, accendo il PC, e butto giù di getto un capitolo di venti pagine, perché ce l’ho proprio lì che spinge per uscirmi dalla testa. Ecco, quelli sono i miei capitoli migliori, credo. Un esempio su tutti è il flashback sull’infanzia di Siham. Scritto tutto in una serata, ed è venuto praticamente già così, fatto e finito.»

«Qual è il più bel complimento che hai ricevuto? E la critica più cattiva?»

«Il più bello in assoluto? Cito testualmente:”Leggo SF e fantasy da più di 45 anni e, anche se non mi ritengo un critico o un esperto, un po’ di conoscenza nel campo la ho maturata e mi sento di dire che è una ottima opera d’esordio, avvincente, divertente, irriverente e “cattiva”.” Ecco, quel “cattiva” mi piace da morire 😀 Mentre, per quanto riguarda le critiche, fortunatamente non sono molte, e la maggior parte riguarda l’uso delle parolacce. Anche chi ha lasciato la peggior recensione ha detto che la storia merita, e questo attutisce parecchio il colpo. Se mi dicono che la storia non piace, poco male, se mi dicono che è pieno di parolacce, poco male comunque… Mi dispiacerebbe molto di più che mi dicessero che è pieno di scemenze, incongruenze o che sbatte fuori dalla lettura ogni dieci righe.»

«Il fantasy italiano in che stato si trova? Ci sono opere valide oppure siamo davvero inferiori?»

«Opinione personalissima e opinabilissima: siamo mediamente in culo ai lupi. Il Fantasy italiano è in buona parte porcheria. Non che la roba estera sia piena di capolavori, ma non sono ancora caduti così in basso. Sono pochissimi gli autori italiani che leggo e che mi piacciono. Le librerie sono piene di fuffa rivestita con copertine accattivanti. Prendi un libro di un autore italiano a caso dalla sezione Fantasy di una libreria, aprilo, e leggi le prime due pagine, e poi pensa a cosa hai visto. Ci saranno cinquanta aggettivi su duecento parole. Era alto, basso, ma anche un po’ magro, e quasi grasso. Ma come fai a vedere un quasi grasso? Ma cazzo, è grasso? Bene, “mostra” che non passa dalla porta, cazzo! Perché mi dici che è grasso, mostramelo grasso, fallo comportare da grasso. Ci penserò io lettore a capire che è grasso. Ecco, questo senza poi contare il resto della trama e eventuali porcherie che dovrebbero reggere in piedi una storia piena di cose inverosimili, tipo nei film horror quando la gente scappa sempre e immancabilmente al piano di sopra. Perché è chiaro che se c’è qualcuno in casa e vuoi scappare ti vai a ficcare nel posto da cui è più difficile farlo. Ovvio, chi non si comporterebbe così. Chi correrebbe piuttosto verso la porta o salterebbe fuori da una finestra del piano terra? Solo un pazzo, no? Ecco, lo sapevo, mi hai fatto infervorare XD»

«Riesci a dirmi tre libri che per te hanno un significato particolare, non per forza i più belli o famosi ma quelli che sono nel tuo cuore?»

«Certo: Il popolo del tappeto, di Terry Pratchett, Jurassic Park, di Michael Crichton, e Il raccoglitore di anime, di Alan Campbell»

«Entrando nello specifico del Fantasy chi è che chiameresti “Maestro”?»

«Dio, che ha dettato la Sacra Bibbia. Direi che è uno dei romanzi Fantasy più letti in assoluto, ed è pure il primo libro stampato al mondo, nonché quello con la tiratura più elevata dopo il catalogo dell’Ikea. Ha portato un sacco di gente a credere in un dio che nessuno ha mai visto, e ha causato guerre e persecuzioni. Direi che sono ottimi risultati, per un Fantasy basato su un “what if” del tipo: e se esistesse un solo dio che ha creato tutto l’universo? Tanto per citare Ford Madox Ford:”[Lo scopo della narrativa] è prendere il lettore, immergerlo nella vicenda così a fondo da renderlo inconsapevole sia di stare leggendo sia dell’esistenza di un autore, in modo che alla fine possa dire e credere “io ero lì, io c’ero””. Che dire, più convinti di così, si muore, no?»

«Grazie del tuo tempo Eddy. Vorrei congedarti con un piccolo dono»

Senti sussurrare parole antiche, parole cariche di potere, parole di magia. L’aria tremula davanti ai tuoi occhi mentre un oggetto prende forma dal nulla, istintivamente allunghi le mani per afferrarlo ma prima di riuscirci esso esplode in una luce intensissima costringendoti a chiudere le palpebre. Quando riacquisti la vista stringi fra le mani una sfera di fumo contenente una coppa.

Il drago sorride.

«È magica. Sono curioso. Fammi sapere come deciderai di usarla …»

Guardo la sfera. «Oh, cazzo! E mo chi glielo dice al re!»

Chinando la testa in segno di saluto si volge e si incammina verso la parte più profonda e scura della caverna.

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Intervista rilasciata a Tregua Libresca – clicca qui per vedere l’originale

Il mestiere dello scrittore, in fondo, è quello di intrattenere, e possibilmente di farlo in modo costruttivo, usando la propria storia per veicolare messaggi complessi nel modo più semplice possibile.
Eddy Morello

“Si chiama Eddy Morello, è nato nel 1982 ed è originario di Padova. Si diploma in informatica nel 2001 e attualmente vive in Svizzera, dove lavora come amministratore di sistema in un’azienda che produce generi alimentari. La sua carriera da scrittore è iniziata con questo romanzo, che è il primo di una trilogia.
Al momento sta scrivendo il secondo, e spera di metterci meno del primo, visto che per quello ha impiegato 8 anni. L’ha riscritto completamente 4 volte e mezza.
Ha deciso di pubblicarsi autonomamente perché l’unico editore disposto a farlo non lo convinceva da un punto di vista qualitativo. Era una casa editrice non a pagamento, ma ha guardato le altre pubblicazioni e l’editing era un po’ carente.
La sua formazione è prettamente tecnica, e il mondo della scrittura è entrato tardi nella sua vita. Non ha mai fatto concorsi, non ha mai scritto racconti, è partito con questo romanzo, e si è documentato strada facendo.”

Si presenta così Eddy a noi di Tregua Libresca. Una persona eclettica, capace di trasformarsi, capace di vedersi nuova. La scrittura lo abbraccia tardi, ma è un un abbraccio deciso come l’angelo del suo romanzo.
C’è una lotta latente che è sempre esistita, esiste ed esisterà sempre: la lotta tra il Bene e il Male. Eddy affronta questa tensione intestina nel suo romanzo che è un conflitto che affrontiamo anche noi ogni giorno, dentro noi stessi.

Alla domanda di Tregua Libresca: “Qual’è la tua visione di Bene e Male?”
Eddy risponde: “Io penso che non esista il bene assoluto, così come non esiste il male assoluto: ognuno di noi, in base al suo punto di vista, all’educazione che ha ricevuto, alla cultura d’appartenenza e alle esperienze personali pregresse, stabilisce cosa è bene e cosa è male, cosa è giusto e cosa è sbagliato… Quello che può sembrare giusto a me può sembrare sbagliato a te… Ti faccio un esempio: sei ai comandi di un treno in corsa coi freni guasti, e puoi agire solo su uno scambio… Se vai a destra vai addosso a un gruppo di 10 persone, se vai a sinistra vai addosso a una sola persona… Qual è la scelta giusta? E se invece ai comandi ci fosse il padre della persona sola, quale sarebbe secondo lui la scelta giusta?”

L’ANGELO NERO
L’Angelo Nero racconta l’atavica lotta tra Angeli e Demoni, la quale si è conclusa più di duemila anni fa, con ingenti perdite per entrambe le fazioni. Ma dopo oltre duemila anni di pace tra Eden e Inferno, la posizione di una delle sette coppe è stata scoperta dai seguaci di Astaroth. Tra battaglie, magia e mistero, un’emozionante avventura, ricca di colpi di scena e di personaggi fuori dalle righe.
Questa è la trama del suo romanzo: un angelo fuori dalle righe che vi farà rimodernare la vostra idea di paradiso. Questi angeli e questi demoni ci ricordano i nostri difetti umani, snaturati dalle loro fattezze angeliche, è impossibile non immedesimarsi e mettersi in discussione.
Il seguito è in arrivo, Eddy è già a lavoro.

TL: “L’idea del romanzo da dove nasce? Perchè questo mondo? Perchè questi personaggi? Se dovessi costruire un percorso che va da un livello profondo a uno più superficiale della tua storia, che ripercorra questi lunghi 8 anni, come lo descriveresti? In parole povere, il lavoro dello scrittore come si fa per te?”
Eddy: “La mia passione per la lettura è nata grazie al genere fantasy, in particolare per merito di un libricino dal titolo “il popolo del tappeto”. È un libro che si legge molto in fretta, ma che ha fatto fare un click al mio cervello. Mi ha dato una prospettiva diversa, mi ha fatto capire che il punto di vista è fondamentale. Se vivi in un tappeto hai problemi diversi da chi vive nel mondo che tutti noi conosciamo. Dopo quello, ho letto molti altri libri, spaziando da un genere all’altro. Ma il fantasy è sempre rimasto il mio genere preferito, perché permette alla mente di liberarsi e di uscire dagli schemi a cui il quotidiano ci abitua. E così, dopo parecchi anni di lettura, è stato quasi un passaggio naturale quello di provare a scrivere. E ho scelto il fantasy perché mi piace, ma anche perché ho commesso l’errore di pensare che fosse il genere più facile da cui partire. Mio malgrado ho scoperto che non è affatto così, anzi, probabilmente è uno dei più difficili, perché parti con lo svantaggio di dover far accettare al lettore un “what if”, e devi quindi creare un contesto credibile, coerente e sensato. E ti assicuro che è tutto tranne che facile. Scelto il genere, ho iniziato a pensare alla storia. L’ambientazione è stata una conseguenza. Ma quando ho iniziato sapevo da dove volevo partire e dove volevo arrivare, senza avere alcuna idea del percorso. Ho scritto la prima stesura di getto, in soli tre mesi. E all’epoca mi piaceva pure. Non avevo in mente un messaggio da trasmettere, anche se credo di aver iniziato a scrivere perché avevo qualcosa da dire. Volevo solo scrivere una bella storia, la storia che avrei voluto leggere. Solo rileggendo la quarta stesura, dopo che qualcuno mi ha fatto domande in questo senso, credo di aver finalmente capito cosa volevo dire. L’Angelo Nero è un libro fantasy, sì, ma in realtà è il mio personale punto di vista sulla realtà dei giorni nostri.
La società in cui viviamo non è molto diversa da quella rappresentata nel mio romanzo. Viviamo in un mondo in cui la percezione della realtà è falsata, in cui le persone basano le proprie opinioni su fondamenta inesistenti. Si giudicano le persone in base all’aspetto e al ceto sociale, senza rendersi conto che non è mai stato l’abito a fare il monaco. Vediamo un angelo e diamo per scontato che sia buono, vediamo un demone e diamo per scontato che sia cattivo… Allo stesso modo vediamo una persona distinta in giacca e cravatta e diamo per scontato che sia una brava persona, mentre un tatuato pieno di piercing deve evidentemente essere un disagiato, alcolizzato e certamente drogato… Ma la realtà è molto spesso ben diversa da come appare… Si dice che la storia la scrivano sempre i vincitori della guerra, no? Beh, è così… Chi vince stabilisce le regole, e gli altri si devono adeguare… Ma chi ha detto che quelle regole siano giuste? Chi stabilisce cosa è giusto e cosa è sbagliato? In realtà, secondo me, è sempre una questione di punti di vista. Ci possono essere persone che fanno cose “cattive” in buona fede, e persone che fanno cose “buone” solamente per il proprio personale tornaconto. Torniamo all’esempio del treno: se da una parte ci fossero 10 persone e dall’altra ci fosse un muro in cemento armato, cosa faresti? Probabilmente una strage… E quello che faresti sarebbe la cosa giusta? Secondo chi? E se tra quelle 10 persone ci fosse tua figlia di 5 anni? Faresti la stessa scelta? Probabilmente sceglieresti il muro. E se scegliessi il muro, le altre 9 persone sarebbero solo un effetto collaterale del tuo personale tornaconto, perché il tuo interesse non sarebbe stato quello di fare la cosa giusta, ma quello di salvare tua figlia. Ecco, in qualche modo, L’Angelo Nero parla di tutto questo: di tutta la falsità e l’ipocrisia di cui il mondo moderno è pieno, della superficialità delle persone che basano il proprio giudizio sulle apparenze anziché sui fatti, di come l’avere potere permetta di compiere scelte che influenzano la vita di molte altre persone, e di come questo possa essere deleterio se chi detiene quel potere agisce per il proprio personale tornaconto. Ma in fondo si ritorna poi sempre ai soliti problemi senza apparente soluzione: chi controlla il controllore? Chi stabilisce le regole? Dove sta la verità? Cosa è giusto e cosa è sbagliato? Cosa è bene e cosa è male? E perché? Ovviamente non ho le risposte a queste domande, ma il mio obiettivo è quello di spinge i miei lettori a riflettere su questi argomenti, a pensare con la propria testa, a verificare ciò che credono di sapere.
Il mestiere dello scrittore, in fondo, è quello di intrattenere, e possibilmente di farlo in modo costruttivo, usando la propria storia per veicolare messaggi complessi nel modo più semplice possibile.

La scrittura di Eddy è coerente: con maestria gioca col tempo e ci rende facile e piacevole addentrarci nella trama e affezionarci alla lettura. Un primo romanzo apprezzato dai suoi lettori, che lascia un dubbio riguardo la scelta del linguaggio usata.

TL: “Leggendo il tuo libro, ci si accorge della grande maestria che hai avuto: ti muovi nel tempo senza confondere e fai sì che il lettore si appassioni con facilità. Noi di TL saremmo curiosi di sapere: perché la scelta di usare un linguaggio molto forte, spesse volte scurrile?”
Eddy: “La scelta di usare un linguaggio molto forte, sia da un punto di vista del “realismo” delle scene più cruente, sia da un punto di vista della volgarità delle espressioni dei personaggi, è dovuta sostanzialmente a due fattori. Il primo riguarda lo stile: io sono un sostenitore dello “show, don’t tell”, anche se sono certo di avere ancora molto da imparare, soprattutto per quanto concerne la sommersione dell’io. Comunque mi rifaccio il più fedelmente possibile alla regola del “mostra, non raccontare”, quindi, dal mio punto di vista, non va bene “raccontare” che un personaggio è cattivo, crudele e volgare, per far si che risulti cattivo, crudele e volgare agli occhi dei lettori, ma lo devo piuttosto “mostrare”, quel personaggio, come cattivo, crudele e volgare. Per fare ciò, è evidente che l’unico modo è quello di descriverlo in scene in cui compia azioni ritenute crudeli e farlo esprimere in modo volgare. La stessa cosa vale per le scene in sé: non va bene “raccontare che c’è stata una carneficina, occorre mostrare una carneficina. Non puoi raccontare che la guerra è sanguinosa, la devi mostrare sanguinosa. Ecco che devi “mostrare” arti mozzati e teste spappolate, e devi far dire:”La sventrerò dalla fica alla gola” a un personaggio del calibro del Mietitore, ad esempio. Di sicuro non puoi fargli dire:”Le causerò una ferita grave da in mezzo alle gambe alla gola” per essere meno volgare. È importante, a questo proposito, che i lettori siano in grado di scindere ciò che è il personaggio da ciò che è lo scrittore che l’ha creato. Se scrivi di un mafioso che scioglie i bambini nell’acido, non vuol dire che tu sia un mafioso che scioglie i bambini nell’acido. Ma devi descrivere un mafioso che scioglie i bambini nell’acido, e che probabilmente non dirà:”perdincibacco”, ma piuttosto:”porca troia”. Spero che il concetto sia chiaro. Il secondo motivo è stato quello di creare una “dissonanza associativa” tra ciò che viene descritto e ciò che c’è nell’immaginario collettivo. Ciò serve, a mio avviso, a far suonare un campanellino nella testa del lettore, e attirare la sua attenzione su ciò che viene detto. Immagina un professore a scuola che, per far stare zitti gli studenti in classe, dica:”Ragazzi, state facendo troppo chiasso. Se continuate vi metto una nota sul registro.” Ecco, ora immagina lo stesso professore che scatta in piedi, sbatte la mano sul tavolo e grida:”Allora! Avete rotto il cazzo! Tappatevi quelle boccacce o vi prendo a calci da qui all’ufficio del preside!” Ecco, direi che, mentre il primo caso passa un po’ sopra, e probabilmente dopo qualche minuto gli studenti tornerebbero a fare casino (sempre ammesso che smettano di farlo), nel secondo caso, probabilmente, calerebbe un silenzio tombale istantaneo che durerebbe fino alla fine della lezione. E succederebbe perché gli studenti non si aspettano un comportamento del genere e vengono spiazzati, e dunque la loro attenzione viene catalizzata dal messaggio che il professore sta dando, che rimarrebbe loro impresso in modo molto netto. In fin dei conti il messaggio è lo stesso:”Fate silenzio o ci saranno conseguenze”, ma il modo di comunicarlo può essere più o meno efficace.

Il genere fantasy è un genere letterario nato tra il XIX ed il XX secolo, i cui elementi dominanti sono il mito, il soprannaturale, l’immaginazione, l’allegoria, la metafora, il simbolo e il surreale; gli elementi fantastici non vengono spiegati in maniera scientifica: i racconti sono storie che narrano vicende spesso complicate, ambientate in universi dove predominano il mistero, il magico e il soprannaturale.
Sono tutti mondi paralleli al nostro, che non si possono raggiungere compiendo un viaggio nello spazio reale. Per arrivarci occorre, infatti, un intervento magico, un incantesimo.
L’obiettivo degli autori di fantasy è divertire e sorprendere i lettori. Spesso però, descrivendo mondi paralleli, gli scrittori intendono parlare indirettamente di se stessi. Allontanare lo sguardo dalla realtà e inventarne una nuova permette di osservarsi con maggiore obiettività e distacco.
Ad Oxford un professore inizia ad inventare le lingue di popoli fantastici: J. R. R. Tolkien, con Lo Hobbit (1936) e Il Signore degli Anelli (1954-1955), porta all’apice la visione contemporanea della letteratura epica medievale. Tolkien viene spesso considerato il padre del fantasy, è in realtà il padre esclusivamente dell’high fantasy, un sottogenere del fantasy.
Opposto è Stephen King che ha contribuito con il ciclo de La torre nera, sebbene la suddetta saga contenga altresì elementi riconducibili alla fantascienza, all’horror e al western.
A fine dello scorso secolo ebbe grande successo la serie di romanzi di Harry Potter, dell’autrice britannica J. K. Rowling; riconosciuta per essere cruda e realistica, è di notevole importanza la saga di successo delle Cronache del ghiaccio e del fuoco dello statunitense George Raymond Richard Martin, oramai divenuta popolare a livello mondiale.
La nostra è un’epoca dominata dal fantasy; infatti riscuote grande successo nei periodi di gravi crisi: la fine degli anni Trenta con il fantasma della Seconda Guerra Mondiale che avanzava sull’Europa, la seconda metà degli anni Cinquanta con il periodo più doloroso della Guerra Fredda e, quanto alla nostra epoca, è evidente come il periodo di crisi aperto alla metà degli anni Novanta dai problemi sempre più pressanti causati dalla carenza di cibo nei paesi del Terzo Mondo, dalla conseguente ondata di immigrazione incontrollata, dalla squilibrio del nostro ecosistema e dalla crisi delle energie, si sono cronicizzati con l’esplosione del terrorismo e la successiva frattura tra mondo orientale e mondo occidentale.
Il successo del fantasy sembra risiedere nel saper fornire l’immagine di un mondo, complesso ma coerente a se stesso, entro il quale esistono delle regole sicure, entro cui la virtù viene premiata, il coraggio trova la sua consacrazione, la bontà il suo trionfo.
Un mondo insomma che, per quanto stravolto dal dolore, dall’ingiustizia, dalla paura, dalla violenza e dall’incertezza, alla fine di lunghe traversie trova un proprio ordine.
Il fantasy non è solo un universo immaginario in cui richiudersi per non vedere quello che c’è attorno a noi, ma un modo per ragionare su questioni che interrogano fortemente la nostra coscienza e il nostro mondo; ha un valore fortemente ideologico, perché spinge i lettori, in particolare i giovani lettori, ad aderire a valori e ideali quali il coraggio, l’integrità, il senso di responsabilità, la giustizia, il rispetto di sé e degli altri e la lealtà.

TL: “Per Eddy cos’è il genere fantasy?”
Eddy: “Il Fantasy, quello con la F maiuscola, e più in generale la narrativa speculativa, è quel genere letterario in cui le storie sono basate sul famigerato “what if”, ossia su cosa succederebbe se.
Ma questa è una definizione da vocabolario.
Anche il “paranormal romance” è considerato fantasy, ad esempio.
C’è da dire che, in quel caso, il fulcro della questione non è esattamente il “what if”, ma la love story.
Diciamo che nel Fantasy, per come la vedo io, il what if dovrebbe essere il perno attorno cui tutta la storia ruota.
Il Fantasy è dunque una macro-categoria all’interno della quale stanno altri sottogeneri, come, ad esempio, l’horror, la bizarro fiction, lo steampunk e così via…
Ma cosa distingue il Fantasy dal resto dei generi? E soprattutto… perché è considerato un genere “secondario”, un genere per bambini o ragazzi, o per gente “stravagante”?
Nel genere Fantasy ci sono elementi che vanno al di là della comprensione umana, in genere, come, ad esempio, la magia; oppure ci sono creature “fantastiche”, che non esistono nella realtà, per quanto ci è dato sapere. E tutto ciò spinge le persone a ritenere che sia un genere destinato a chi vive con la testa nel mondo della fantasia. Ma la gente dimentica che il primo libro stampato della storia dell’umanità, nonché il più venduto al mondo, è stato ed è un libro Fantasy, il primo su tutti, il libro dei libri: La Sacra Bibbia. Ora, sicuramente, i più bigotti mi staranno già relegando in un qualche girone infernale, ma chiunque abbia un briciolo di senso critico è in grado di capire che la bibbia stessa è basata su un “what if”, che poi questo venga ritenuto per “fede” la verità è un’altra questione.
Il Fantasy, in fin dei conti, altro non è che un genere in cui la mente è portata a pensare al di fuori degli schemi a cui è abituata, e questo, a mio avviso, lo mette in cima a tutti gli altri generi. Se è vero che non puoi usare la stessa mentalità che ha creato un problema, per risolvere quel problema, allora il pensare fuori dagli schemi è qualcosa a cui tutti dovremmo aspirare, e il Fantasy è il genere giusto, secondo me, per insegnare al cervello a farlo.”

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